Leggere. Ascoltare.
Andrea B. Del Guercio
dal 29 maggio 2018
Five Gallery Heillandi Gallery Lugano CH
Il patrimonio dell’arte occidentale, sin dalle sue origini e lungo il suo sviluppo storico, è contrassegnato dalle strette relazioni con il patrimonio letterario; le arti visive hanno costantemente dedicato grande e specifica attenzione alla cultura narrativa e poetica con l’obiettivo di ‘dare immagine’ alle emozioni e ai sentimenti che la pagina scritta forniva alla lettura. “Si come nella penna e nell’inchiostro/ è l’alto e ‘l basso e ‘l mediocre stile,/ e né marmi l’inmagine rica e vile/ secondo che ‘l sa trar l’ingegno nostro…”.(M. Buonarroti dalle Rime 1534)
Molto più spesso di quanto il grande pubblico si immagina dietro ai cicli pittorici alle miniature, alla base delle decorazioni e dei gruppi marmorei di ogni epoca, si pone la ‘ri-lettura’ della narrazione, ma anche l’illuminazione della poesia; sappiamo che il legame tra il sistema linguistico dell’arte e quello della scrittura non è mai stato abbandonato ma si è arricchito rinnovandosi fino a sviluppare nella stagione moderna quell’interscambio che ha visto i poeti ‘riflettere’ sulla pittura e la scultura: “Infelice forse l’uomo, ma felice l’artista lacerato dalla voglia” (C.Baudelaire in ‘Voglia di dipingere’).
Sin dalla stagione delle Avanguardie Storiche e lungo la cultura contemporanea i rapporti tra arte e letteratura si sono non solo intensificati ma cresciuti, articolandosi, su basi nuove, caratterizzate da vere forme di intersecazione linguistica che hanno visto il libro diventare scultura, la pittura a sua volta scrittura, l’incisione grafica poesia per immagini; poeti ed artisti hanno imparato a lavorare a ‘quattro mani’ sullo stesso documento arrivando a farne un prodotto culturale autonomo.
Si osserva oggi un percorso espressivo sperimentale multi-linguistico, maturato attraverso i processi di ‘scrittura automatica’ tra surrealismo e futurismo, configuratosi nella cultura della ‘Poesia Visiva’ sin dalla fine degli anni ’70, al ‘grafitismo’ degli anni ’90; nasce quello che possiamo definire un immenso patrimonio, caratterizzato dalla nascita di sistemi linguistici fortemente personalizzati, oggi al centro delle grandi collezioni internazionali; una cultura del segno- scrittura, dell’arte e della poesia, che ha visto nella affermazione del ‘libro d’artista’ il soggetto-oggetto di inedita completezza nelle soluzioni di una esperienza estetica totalizzante.
All’interno di questo tracciato, solo brevemente segnalato, Five Gallery e Heillandi Gallery hanno aderito a Poestate e predisposto una Collezione di opere dedicate alle relazioni intercorse tra Arte e Poesia; lungo gli spazi espositivi e nella distribuzione di una funzione che permette di ‘leggere e sfogliare’ , si incontrano opere pittoriche e frammenti ‘narrativi’, strumenti di lettura tattile e oggetti di trascrizione che attraversano l’arco ampio del secolo scorso e della contemporaneità: “L’arte, questa dea apparentemente così spirituale, aveva necessità di tante cose futili! Di un tetto sopra il capo, di strumenti, di legni, di creta, di colori, di oro:esigeva lavoro e pazienza. A essa egli aveva sacrificato la libertà selvaggia dei boschi…”. H.Hesse da ‘Narciso e Boccadoro’ . Queste parole come innumerevoli sono i passaggi dedicati al ‘fare dell’arte’ da Hermann Hesse, sono testimoni di una sensibilità espressiva che ha saputo collegare la cultura letteraria e poetica, all’esperienza del giardinaggio e alla pittura ad acquerello (ricordiamo che si tratta della tecnica in grado di suggerire leggerezza e libertà); all’interno della cultura dello scrivere si inseriscono con valore ‘terapeutico’ due forme attive del pensiero in cui la mano si confronta con la realtà della produzione, di cui avverte la trasformazione fisica di un patrimonio, in cui l’azione produce un bene tangibile, in cui i sensi sono interamente coinvolti, in cui sudore e immaginazione, gesto e creatività si incastrano e si sommano, operando nella produzione di un ‘bene commestibile’.
Hermann Hesse (1877/1962) L’estesa collezione di acquerelli lasciata dal grande scrittore tedesco rappresenta uno dei più straordinari casi di relazione tra i linguaggi dell’arte e quelli della letteratura. Hermann Hesse ci ha lasciato nei suoi racconti una fitta e insistita attenzione alle questioni che caratterizzano il rapporto, a volte difficile, tra il pensiero visivo e il pensiero poetico, ed è in relazione a questo patrimonio che devono essere “lette” le sue giornaliere attenzioni al paesaggio che circondava la sua residenza nelle colline sopra Lugano. Ogni “foglio” rappresenta un momento di distensione dell’immaginazione secondo quello che fu definito un ‘processo terapeutico’ per recuperare quel giusto rapporto con la natura, con il passare delle stagioni, delle luci e dei colori del giorno.
Piero Fornasetti (1913/1988) Il raffinato segno grafico di Piero Fornasetti interpreta pienamente i contenuti di “Leggere. Ascoltare” cosi l’appunto disegnato, conservato nell’Archivio Fornasetti non poteva non diventare l’icona introduttiva dell’esposizione. Sottolineano questo clima espressivo e culturale, due ‘piatti decorati’ strettamente collegati ai rapporti intercorsi tra l’artista e la cultura letteraria e poetica; una porzione specifica di creatività che mantiene il valore rappresentativo di uno patrimonio di idee visive, di un sistema caleidoscopio d’immagini, in costante rinnovamento e all’interno di un percorso artistico fatto di ironia e di spiazzamento, di ricerca del piacere e di eleganza, ma anche della trasgressione, andando a inserirsi direttamente nelle funzioni estetiche dell’habitat.
Mario Dondero (1928/2015) Con alcuni scatti fotografici dedicati ai maggiori testimoni della cultura letteraria europea, condotti con quell’approccio riservato che ne caratterizza l’intero tracciato espressivo, Mario Dondero interpreta il ruolo documentativo teso a privilegiare nel soggetto ritratto, sia singolo sia di gruppo, la personalità intesa nella sfera dell’intimità, anche in questo caso di una forma di riservatezza e non di affermazione spettacolare. Degli scrittori incontrati nelle strade e nei caffè di Parigi, così come avverrà per altre personalità della cultura internazionale del secondo dopoguerra, Dondero suggerisce un processo di trascrizione che definiamo protetta, contenuta nella lettura psicologica del volto, degli sguardi, dei gesti, rivelandosi un testimone oculare autentico.
Gianni Dova (1925/1991) Ritratto di James Joyce 1942 circa Un raro e giovanile foglio testimonia l’attenzione di Gianni Dova per la cultura letteraria intesa in forma di personalizzazione dei rapporti di introspezione del suo patrimonio; il ritratto del grande scrittore irlandese rivela come la lettura da parte di un artista possa produrre un momento visuale di confronto, di acquisizione e traduzione emozionale: realizzato subito a ridosso della scomparsa (1941) si caratterizza per un segno deciso e lineare, senza voler essere descrittivo, bensì interpretativo di quel valore della persona James Joyce, che la foto di Berenice Abbott del 1928 pone in evidenza, andando a immaginare una correlazione con “Ritratto dell’artista da giovane” del 1917.
Giorgio Cattani I Diari L’intero percorso artistico e in specifico modo il patrimonio pittorico di Giorgio Cattani ci consegna una natura sensibile rivolta all’esperienza poetica, in cui la frase, diventando spesso il titolo di un’opera, sembra in grado di vivere di vita propria, andando a rafforzare le profondità espressive dell’arte. Nella dimensione riservata e protetta dello studio ferrarese, si è stratificato negli anni un insistito patrimonio di appunti, di agende che oggi possiamo definire “diari di un percorso espressivo”: sono innumerevoli e diversi questi quaderni, agende telefoniche, mai veri blocchi da disegno, cosi legati al tempo vissuto da date e nomi del momento, in cui l’immagine e la parola si confrontano con insistenza, diventando fondamentali spunti per piccole opere e grandi quadri tutti orientati ad unire poesia ed immagine.
Stefano Donati “Del decoro,la silhouette II” Vaso della Magna Grecia, IV sec a.C. Acrilico su tela 40×50 e 15×10 2009 Una piccola e raffinata installazione racconta la sensibilità di Stefano Donati cresciuta nel profondo rapporto con la cultura antica, con l’archeologia vissuta e interpretata, riletta nella contemporaneità. Il frammento antico, la natura di reperto fragile e elegante, si rivela in grado di esplicitare, attraverso l’azione di configurazione spaziale e di mirata aggiunzione pittorica condotta da Donati, una valenza che si proietta oltre la sua stessa dimensione oggettuale. La struttura compositiva dell’opera, arriva a configurarsi intrigante simbolo di un patrimonio che attraversa il tempo, che persiste nei tempi, vissuto dall’autore tra passato e attualità; è l’oggetto stesso a produrre attraverso il linguaggio della pittura quella che possiamo definire emozionalmente una dimensione poetica.
Luigi Surdi (1897-1959) Interno dello studiolo di Han Coray in Agnuzzo (Lugano) Olio su tavola cm 33×41 1946 circa Si deve alla sensibilità di Stefano Donati il recupero, direttamente dal patrimonio familiare, di questo piccolo quadro; l’immagine è preziosa non solo per le sue qualità espressive, sicuramente intense nell’articolazione mirata dei marroni, ma anche illuminante essendo in grado di raccontare la vita culturale che si svolge nello studiolo, diventando una importante testimonianza archivistica; il piccolo quadro svela perfettamente i contenuti culturali della vita e dell’attività di collezionismo di Han Coray (1880-1974) e in particolar modo per quei processi condotti in regress verso la cultura antropologica dell’Africa nera che hanno contrassegnato l’inizio del secolo scorso e il suo sviluppo e presenza nella contemporaneità.
Giovanni Fava Un ampio ciclo di opere di Gianni Fava si fonda sull’incidenza visiva della scrittura, andando a rinnovare ed accrescere quel patrimonio che la Poesia Visiva sin dalla fine degli anni Sessanta ha predisposto. La scrittura, come i nostri pensieri, come le immagini che scorrono senza sosta nella mente, diventa un processo inarrestabile e Fava ne insegue lo sviluppo contorto, ne segue il tracciato, recuperando e attivando una nuova ‘Scrittura Automatica’. La scrittura come il pensiero, si sviluppa lungo il processo di accumulo, di interferenza della sua iniziale linearità, arrovellandosi su se stessa secondo quella traccia emozionale che Franz Kafka ha perfettamente posto in esame in “La metamorfosi” nel 1915. Piccole e grandi dimensioni di questa collezione di opere va a affrontare esemplarmente i processi del pensiero a cui Fava non pone limiti, a cui non risparmia quelle contorsioni labirintiche presenti e corrispondenti alla vita nella corteccia cerebrale di ogni essere umano; una materia viva che poi raffredda, per annodamento, per stratificazione ora nella luce del giorno ora nei processi tormentati della notte.
Sebastian Herzau “Leggere. Ascoltare” trovano un’esemplare corrispondenza nei delicati e raffinati ritratti femminili di Sebastian Herzau. Se il primo quadretto volge il suo sguardo verso il basso, verso quella che potrebbe essere il tempo della lettura, il secondo volge la sua attenzione verso l’alto, verso quella che potremmo definire l’elevazione della musica. Così come il titolo della mostra i due quadri rappresentano un dittico dove l’uno non può fare a meno dell’altro, così entrambi rafforzano l’esperienza che la cultura artistica rivolge e interpreta nelle relazioni mirate e costanti con la lettura e con l’ascolto.
Emilio Isgrò. Emilio Isgrò è sicuramente uno degli artisti che non solo si è posto in relazione, sulla traccia iniziata dalle avanguardie storiche, tra i processi dell’arte con quelli specifici della scrittura, ma ha svolto, attraverso la cancellazione del testo, una netta svolta a questo stesso processo. L’azione condotta sulla parola stampata, detta cancellazione, assume un inedito ruolo estetico-concettuale, costruendo una pagina contrassegnata in costante dialettica interna tra il racconto e la negazione del pensiero letterario, dove la copertura del significato apre a nuove soluzioni interpretative. La cancellazione è da intendere strettamente collegata ai processi di “sottolineatura” tipici dell’Espressionismo all’inizio del secolo scorso, quando cioè l’azione della negazione promuoveva l’esperienza importante del mettere in evidenza, con l’obiettivo di creare le condizioni di un’osservazione che si poneva oltre la descrizione, oltre la narrazione delle immagini.
Massimo Kaufmann “Ginkgo” Fogli braille ¼, 33×25 2017 Nella dimensione pittorica di Massimo Kaufmann, così sistematicamente insistita sulla dialettica interna alle questioni del colore, corre in parallelo un processo che definirei esperienziale nei confronti del linguaggio ed in particolar modo della scrittura. Le quattro pagine contrassegnate dalla scrittura Braille diventano un territorio in cui il colore si distribuisce con sapienza per trovare una propria condizione emozionale; il foglio, cosi come avviene nelle opere di più grande dimensione, con i suoi piccoli e minuti rilievi che il tatto percepisce e traduce, offre alla materia cromatica una distribuzione condizionata con valore di ‘lettura’ e decodificazione del testo nascosto.
Wulf Kirschner Wulf Kirschner caratterizza la propria scultura, sia nelle soluzioni volumetriche che nella dimensione espressiva della superficie, attraverso un ‘gesto’ in grado di lasciare traccia di se per grumi di materia metallica; l’artista tedesco, intervenendo sistematicamente sulla ‘pelle’ della scultura fino a ricoprirne l’intera estensione, persegue un processo teso ad attivare quel modello di scrittura tattile molto vicino al sistema Braille. Nelle grandi opere monumentali variano le condizioni e la natura della scrittura, ora insistita e regolare, ora disomogenea, ora mono-cromaticamente severa ora decisamente ed emozionalmente policroma; alla base dei più preziosi frammenti la narrazione si fa sicuramente più intima e controllabile da una fruizione riservata, ripercorrendo tutte quelle soluzioni della calligrafia che hanno visto l’impiego dei rotoli e delle lapidi, fino alla ‘brevità’ di una lettera privata.
Cesare Lucchini Il rapporto di Cesare Lucchini con la poesia e il racconto letterario non è diretto, non è definito da relazioni e citazioni, ma esemplarmente tutto caratterizzato dalle qualità della pittura stessa che nella successione degli anni e delle esperienze si è profondamente arricchita di spessore emozionale: tracce di colore come bave si intersecano all’interno di una fitta rete narrativa dando vita a pagine di pittura, frutto esclusivo di una perfetta conoscenza dei propri strumenti. Ogni singola opera parla alla percezione visiva alla stessa stregua di quanto la nostra sensibilità possa cogliere dalla successione di strofe e passaggi di una cultura della parola; i due processi espressivi, la pittura di Lucchini come la poesia di molti poeti contemporanei, da Montale a Luzzi, lavorano infatti sulla contaminazione e la stratificazione. ,.
Valeria Manzi Nella personalità di Valeria Manzi convivono e interagiscono linguaggi e grammatiche diverse, dall’arte alla poesia al teatro, esemplarmente riunite in quest’oggetto scultura-poesia; la struttura protettiva del plexiglass trattiene e preserva una doppia struttura in vetro destinata al contenimento di frammenti; il duplice impiego, frutto di un riutilizzo rispetto a un’originaria funzione, pone in dialogo l’esperienza della poesia con la natura della carta, la testimonianza di una grafia istintiva con la fisicità magmatica e la frammentazione del supporto caratceo. Il risultato d’insieme, la frammentazione che riunisce strumenti di supporto e linguaggio, parla di un’opera-non opera che perde la concezione del tempo. Se il territorio di ricerca su cui questo oggetto, delicato e prezioso, si inserisce appare complesso e difficilmente interpretabile, la sua incisività espressiva risulta ricca di suggestioni enigmatiche e sfumature indecifrabili; l’osservazione di questo manufatto rivela, infatti, un’appartenenza a quell’inafferrabile aura che avvolge la cultura alchemica per poi andare a suggerirne il posizionamento nella dimensione colta di una wunderkammer ; un’opera che si perde nel tempo.
Fosco Valentini Mind control facility acrilico su tela e sonoro 2018 Alla sperimentazione linguistica di Fosco Valentini si apre a trecentosessanta gradi con l’obiettivo di seguire e dar corpo alle sue visioni, sostenute da competenza culturale; si tratta di uno sperimentalismo concettuale che non trova sosta, sebbene non scelga mai il caos ma raggiunga costantemente la definizione rigorosa dell’opera. Il suo procedere espressivo, dalla grande produzione disegnata alla trascrizione emozionale dei video, dalle superfici lenticolari alla scrittura luminosa, segue il filo conduttore di una raffinata ironia di fronte allo spettacolo colto della vita. In questo processo si colloca esemplarmente “Mind control facility” dedicato al lago di Lugano a cui, con raffinata ironia fornisce una voce cinematografica.
Angela Occhipinti Libro d’artista, scatola nera, ” Lettere d’amore” , 2017 cm 46x20x17 Libro d’artista, ” Acqua, Aria, Fuoco, Terra. Magia, Simbolismo e ordine cosmico dei 4 Elementi” 2010 cm 60x15x12 Dall’immenso patrimonio espressivo di Angela Occhipinti, estrapoliamo con queste opere la costante attenzione rivolta all’esperienza della narrazione letteraria; la particolare attenzione dell’artista per la cultura calcografica, nelle diverse variabili specifiche, attribuisce all’impiego della carta, quale supporto prediletto di comunicazione estetica, un ruolo prioritario, costantemente attivo nell’economia linguistica di gran parte della produzione e nelle diverse aree tematiche. Dal collage alla stampa, dall’incisione al riporto grafico, l’azione creativa dell’artista tende ad imprimere in un dialogo serrato con il colore, ma anche con supporti dalla spiccata fisicità, il valore della parola e la sua estensione di significato; il colore, in particolar modo l’uso di un oro antico, mai gestuale e irregolare, portato con una volontà creativa tendente alla tangibilità, sollecita la ricerca di contenuti antichi, sostiene la messa in evidenza di valori costruiti sull’esperienza e nell’estensione del tempo; cosi che ogni opera si appropria della stratificazione culturale per essere subito protetta dal sarcofago del tempo.
Carmine Tornincasa Quaderni della natura m. su carta 27×20 2017 Il ‘quaderno’ di Carmine Tornincasa ha contenute preziose dimensioni, evidente frutto di un lavoro riflessivo metodico, gestito con attenta sensibilità; sfogliarlo necessita di delicatezza per scoprirne i contenuti e i valori estetici conservati; alla fase di percezione visiva si aggiunge l’essenza profumata del colore, delle vernici oleose. Un lavoro che si lega all’esperienza antica degli erbari, da cui prende spunto emozionale, suggerisce una volontà espressiva che intende sostenerne anche nella contemporaneità l’importanza estetica e la valenza etico-esperienziale. I “Quaderni della natura” di Carmine Tornincasa trattengono tutta la processualità installativa frutto insistito con rigore di un’indagine da tempo dedicata alla natura vegetale e al terreno in cui e da cui essa prende vita; colui che operava negli anni ’90 nella dimensione plastica dell’arte con una mirata attenzione alla precarietà dei materiali impiegati, volge il suo sguardo operativo al paesaggio naturale, alla sua frammentazione ambientale, alla stratificazione dei suoi contenuti vegetali .
Nicolas Steiner “Inganni e Speranze. Leggendo Hermann Hesse” Libro d’artista 40×30 pastelli ad olio e inchiostri acrilici 2018 Nicolas Steiner è un giovanissimo artista tuttora inserito nei processi didattici dell’Accademia di Belle Arti di Brera ed è all’interno delle attività espressive che si mette in evidenza la forza di questo ‘raccoglitore d’immagini’ dai forti caratteri espressionistici in cui il colore svolge un ruolo iconografico rafforzato dalla matericità. Il vocabolario utilizzato si arricchisce di una grammatica cromatica che potremmo riferire al sistema proprio dell’icona ortodossa dove i colori rosso, verde, blu, giallo sono essi stessi simboli per una osservazione mirata e un riconoscimento chiaro. Sulla base di questo processo grafico-pittorico che si è innestato, in fase successiva, il confronto, il riconoscimento di spunti emozionali nati dall’incontro con a poesia di Hermann Hesse.
Ginevra Tarabusi “Leggendo Calvino” dal “Barone dimezzato” 2018 Le qualità pittoriche di Ginevra Tarabusi sono specifiche nella redazione di questo libro d’artista dedicato a Italo Calvino; pagina dopo pagina, la materia cromatica del pastello ad olio ricopre interamente e insistentemente lo spazio del foglio, passando da momenti monocromi a forme di descrizione lirica, comunque sempre profondamente caratterizzate da stratificazione, dal peso specifico della materia nella percezione sensibile del lettore; ogni pagina non può che essere un’opera indipendente, eppure scandita lungo i capitoli del racconto. lo sguardo si sofferma, entra nella materia mai data per scontata, mai gettata lì per caso ma in grado di svelare nuove suggestioni. Si tratta di pareti di colore, inattraversabili dallo sguardo e di estrema solidità fisica; questa struttura obbliga il lettore a un confronto serrato mai descrittivo, sempre interpretativo.